Albania.
2015. Il viaggio incredibile lungo tutta la costa balcanica del Mar Adriatico ci ha portato ad attraversare da Nord a Sud l'Albania. Paese totalmente sconosciuto e pieno di sorprese, dall'ingresso tramite il Montenegro, all'uscita sul confine con la Grecia. E' proprio a pochi chilometri di distanza dalla dogana che abbiamo vissuto una piccola avventura che ci avrebbe dato il benestare per l’uscita dal paese. Il nostro viaggio stava proseguendo su piccole stradine sterrate immerse nella natura, le poche vetture o abitazioni incontrate ci facevano presumere che saremmo usciti dal paese senza una grande cerimonia o una festa ma piuttosto con un sordo struscio tra i cespugli del bosco ed un tonfo che ci avrebbe avvertito che eravamo tornati nell'armadio di Narnia. Quand'ecco che, di punto in bianco, subito dietro una curva, troviamo un paio di auto in coda e qualche persona a piedi sulla riva di un fiume: stavano aspettando il traghetto. Il fiume infatti sbarrava la via e l'unico modo di oltrepassarlo era di affidarci al traghetto ufficiale. Più che un traghetto era un vera e propria zattera che era gestita dal Caronte della zona, un uomo di poche parole e modi ruvidi, torso nudo, carnagione olivastra e molti muscoli Appena attraccato iniziò a dirigere le vetture, tra cui la nostra, per farle salire con ordine: la rudimentale zattera aveva appena 4 piccoli posti per le auto e due o tre per i pedoni. La stabilità era a dir poco precaria ma l’autorità di Caronte superava di gran lunga la fisica del galleggiamento, riuscimmo così ad aggirare Archimede e la meccanica dei fluidi e a trovarci tutti ben schiacciati sulla zattera, pronti per partire. Ed ecco che il colpo di scena si verifica ed il genio si palesa. Il genio in questione è un signore di mezza età alla guida di una station wagon grigia e con occhio non troppo vispo. Temendo di essere lasciato su quella riva del fiume, il Genio pensa bene di accelerare e provare da sé a “parcheggiarsi” di forza sulla zattera, già in versione tratta degli schiavi. Arriva a tavoletta dalla strada e letteralmente atterra con una ruota sul nostro trabiccolo. Il colpo e rumoroso, ma ancor più rumorosi sono gli improperi del Caronte albanese che a manate sul cofano fa’ notare al caro Genio l’errore commesso. La furia cieca è terribilmente pericolosa e così, con la stessa velocità con la quale era entrato in scena, il signore mette la retromarcia e scompare dalla nostra vista. Il grezzo traghettatore fece partire allora partire l’instabile costruzione, si avvicinò a noi e continuò a commentare l’accaduto, in Albanese s’intende, peccato noi intendemmo meno che zero, solamente qualche antica tortura che avrebbe praticato sul Genio trasparii dal concitato monologo. Guadato il fiume attraccammo, ci salutò con una amichevole pacca sul cofano e partimmo. Neanche a dire che mai più lo rincontrammo, però oggi, a distanza di anni, sono certo che su qualche fiume sperduto nel nulla c’è un Caronte che permette, quasi a tutti, di proseguire il viaggio. Pietro Fittabile
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